Intervista ai veterani John Thurlby e Alan Corlett Woods

John O’ Leary (giornalista):

Buonasera signori. Grazie per essere venuti. La ragione per cui ci siamo riuniti qui stasera, è per parlare della vostra avventura in Italia durante la guerra. Eravate entrambi due giovani di vent’anni. Vorrei presentare John, alla mia sinistra e Alan, alla mia destra. John, posso domandare in quale reggimento dell’esercito inglese prestava servizio.

John Thurlby- Ero nel Royal Electrical Mechanical Engineers.

- Quando arrivò in Italia?

John Thurlby- Arrivai a metà novembre del 1943.

-E lei Alan?

Alan Corlett Woods- Ero nella Royal Artillery. Originariamente era il 75th Highland Field Regiment, Royal Artillery, reclutata nel nord della Scozia, vicino ad Aberdeen. Dopo un anno trascorso nell’Africa del Nord, fummo equipaggiati con artiglieria pesante, così diventammo il 75th Highland Heavy Regiment Royal Artillery.

- Quando arrivò in Italia?

Alan Corlett Woods- Sbarcammo a Napoli nel febbraio 1944.

- Com’è noto, gli Alleati si spostarono dall’Italia meridionale verso nord; potete raccontarci qualcosa del vostro viaggio verso nord?

John Thurlby- In quel periodo, trascorsi un breve lasso di tempo in ospedale e poi fui riassegnato ad un altro reggimento, il 12th Royal Tank Regiment, un’unità di recupero mista, al comando dell’aiutante tecnico italiano. Era una persona molto simpatica, un capitano dell’esercito, nel Royal Tank Regiment e noi eravamo un’unità mista.

Eravamo addetti al recupero di qualsiasi mezzo di trasporto corazzato e di carri armati. Per questa ragione eravamo assegnati alla squadra del Quartier Generale: il colonnello poteva chiamarci a supporto di uno dei suoi squadroni in qualunque momento. Era molto interessante ed io sapevo di avere dei validi commilitoni su cui contare.

- Che cosa avete fatto nell’Italia del sud?

John Thurlby- Fummo trasferiti a Foggia dove le Divisioni Canadesi stavano arrivando dall’Africa settentrionale. Con loro ci addestrammo per un breve periodo, poi ci spostammo nella zona a sud di Cassino, pronti per l’ultima battaglia per la liberazione di quella città. Da lì, dopo le fasi finali della battaglia, quando Cassino fu presa, andammo a nord passando per Roma, fino a Siena. Questo viaggio fu fatto, per la maggior parte, sui carrelli che trasportavano i carri armati. Eravamo in attesa di istruzioni. Era l’inizio di agosto e il Maresciallo Alexander era il comandante in carica. Per notti e notti procedemmo attraverso l’Appennino verso la costa adriatica, dove sferrammo l’attacco a sorpresa nella notte tra il 24 ed il 25 agosto.

- Era in Romagna?

John Thurlby- Era la Linea Gotica. Un’area di circa 7 miglia lungo la costa adriatica, strenuamente difesa. Era la parte più pianeggiante di questa parte d’Italia. Un terribile sbarramento di fuoco ebbe luogo alle ore 23 con migliaia di armi. Senza dubbio anche Alan vi prese parte. Fu un’esperienza terribile. Il mattino seguente attraversammo il fiume Metauro ed attaccammo le posizioni tedesche. I Tedeschi opposero una scarsissima resistenza. Per i primi quattro giorni avanzammo lentamente all’interno della Linea Gotica, poi la resistenza cominciò ad aumentare e incontrammo molte difficoltà: il terreno, i fiumi e i rinforzi tedeschi che stavano arrivando dalle altre parti d’Italia. I Canadesi erano dei soldati meravigliosi. Mettemmo in piedi uno straordinario dispiegamento, i nostri e i loro uomini fianco a fianco. C’erano molte nazioni che combattevano al nostro fianco. Io avevo molta ammirazione per quei soldati.

II nostro lavoro era di supportarli in qualunque modo possibile. La terza settimana, alla fine di questa fase della guerra, la battaglia fu feroce come a Cassino ed i Canadesi ebbero terribili perdite, poi finalmente raggiungemmo il porto di Riccione. Combattemmo per gli ultimi due crinali. I tedeschi ci fecero pagare pesantemente queste due creste, ma alla fine le conquistammo. A questo punto eravamo esausti e fummo mandati a Riccione per un periodo di riposo.

Forse furono i Greci a liberare Riccione. Arrivarono truppe fresche e ci spingemmo all’interno della Romagna: Cesena, poi Forlì. Il tempo cambiò a nostro svantaggio, l’autunno era arrivato. Era metà settembre e avanzando lentamente, a fatica lungo la costa Adriatica, arrivammo in una località chiamata Russi. Eravamo ora ad un tiro di schioppo da Bagnacavallo.

- Alan, anche Lei veniva da Napoli, credo. Continuò verso nord?

Alan Corlett Woods- Arrivammo a Cassino in tempo per l’ultima battaglia, quella decisiva che seguì. Ero l’ufficiale più giovane del reggimento, a quel tempo. Fui mandato al Quartiere Generale per prendere gli ordini sigillati per il combattimento finale, in motocicletta: sperai di non cadere, perché i documenti erano segretissimi. Li consegnai al colonnello, che ci impartì le direttive per il più imponente piano di fuoco di sbarramento mai visto in Italia. La battaglia di Cassino è stata probabilmente l’avvenimento della II Guerra Mondiale più simile al genere di battaglie viste durante la I Guerra Mondiale. Il solo sbarramento coinvolse fra i 1500 e i 2000 cannoni che fecero fuoco simultaneamente alle ore 23.00, al sesto rintocco, con tutti i nostri orologi sincronizzati; non lo dimenticherò mai, fu il più grande fragore mai udito.

Dopo la battaglia, avanzammo velocemente verso Roma. Il reggimento attraversò Roma due giorni dopo la sua liberazione. Era un periodo di grande eccitazione. Entrammo di nuovo in azione a nord di Roma e restammo in azione, si può dire, per quasi tutto il resto della guerra. Non c’erano molti reggimenti di artiglieria pesante, così c’era grande bisogno di noi. Dopo Roma ci dirigemmo verso il lago Trasimeno, dove i Tedeschi combatterono un’azione di contenimento. Dal lago Trasimeno ci spostammo verso Firenze e dopo la sua liberazione -un posto molto bello da liberare Firenze - fummo mandati a Marradi, un paese sul confine della Romagna, un crocevia sugli Appennini. Il luogo era poco confortevole, perché costantemente sotto bombardamento. Poi ci spostammo in Romagna, ma nella parte montagnosa a sud-ovest di Imola, fra Sassoleone e San Clemente, in una valle isolata. Ci chiedevamo perché fossimo stati mandati così lontani a nord, poi ci rendemmo conto che con i nostri cannoni a lunga gittata potevamo fare fuoco sulla strada che attraversa la pianura settentrionale d’Italia.

- Possiamo ritornare a quando arrivaste in Romagna per la prima volta, cioè all’autunno del 1944. Potete ricordare la vostra prima impressione della Romagna.

John Thurlby- La mia prima impressione fu che quegli Italiani fossero molto patriottici e democratici. Ci accolsero calorosamente e fecero tutto quello che era nelle loro possibilità per aiutarci. Per esempio i gruppi partigiani avevano fatto delle mappe dei campi minati ed altri pericoli che i Tedeschi avevano disseminato per noi e questo fu di grande aiuto per gli sminatori che velocemente bonificarono il terreno, permettendo alla fanteria e ai mezzi corazzati di avanzare. Penso che i Tedeschi provassero a tenere Bagnacavallo; fecero grandi sforzi sul Lamone e ci furono feroci battaglie, ma i Canadesi alla fine, dopo una cruenta battaglia, riuscirono a fare indietreggiare i Tedeschi sul fiume Senio, che come sappiamo, divenne la linea del fronte per l’inverno, nonostante la delusione di molti Italiani che non videro ancora la loro liberazione e dovettero aspettare fino alla primavera del 1945.

- Alan, può ricordare la sua prima impressione della Romagna?

Alan Corlett Woods- Ho due impressioni molto differenti: quando ci spostammo a Sassoleone eravamo in montagna, in quella parte di Romagna sottoposta a molte intemperie; eravamo nel mezzo dell’inverno, c’era molta neve, nebbia e pioggia e soprattutto c’era molto fango. Non lo dimenticherò mai. Solo nella primavera del 1945 fummo spostati da quella posizione. Due cannoni furono lasciati in loco per indurre i Tedeschi a pensare che fossimo ancora lì. Poi ci muovemmo, attraverso gli Appennini, verso la costa adriatica e arrivammo nelle nostre postazioni di combattimento, tra Bagnacavallo ed il fiume Senio. Il panorama era completamente diverso!

In quel periodo era primavera, il tempo era bello ed eravamo molto contenti di essere di nuovo in pianura, dopo la lunga permanenza in montagna.

- Avete sempre menzionato il fiume Lamone che è il fiume che scorre vicino a Bagnacavallo. Ricordate quali paure o quali pensieri avevate voi ed i vostri commilitoni?

John Thurlby- Penso che prevalesse un’atmosfera di tristezza, perché avevamo sperato che la guerra sarebbe finita in Italia. Certamente non avevamo raggiunto l’obiettivo di concludere la guerra prima dell’arrivo dell’inverno …. Non avevamo ancora liberato tutta l’Italia del nord e la sua gente. Penso che fossimo abbastanza tristi al riguardo. Era stato un duro lavoro. Avevamo fatto del nostro meglio, ma eravamo delusi.

- Ovviamente il passo successivo è stato l’arrivo a Bagnacavallo. Alan, può ricordare com’era l’atmosfera quando entraste in città?

Alan Corlett Woods- Arrivammo tardi, per la battaglia del Senio e la cosa che ricordo maggiormente è il modo in cui viveva la popolazione che era rimasta lì; alcuni erano sfollati in zone più sicure, non li biasimo, comunque quelli che erano rimasti andavano avanti con la vita, per quanto possibile. Avevamo insediato il quartiere generale in una bella casa di campagna, abitata da una coppia molto gentile. Cercavano di portare avanti il lavoro della fattoria, come se non ci fosse la guerra, benché i pericoli e i bombardamenti fossero frequenti, loro andavano avanti.

- John può ricordare le sue esperienze a Bagnacavallo?

John Thurlby- Le mie esperienze furono molto simili, sentivo che l’atmosfera era molto tesa. La gente era contenta di essere libera e, dopo la traumatica esperienza della battaglia sul fiume Lamone, lentamente provava a vivere una vita normale, come poteva; era molto gentile con noi.

- Certamente molta gente qui in Gran Bretagna non si rende conto che quando voi liberaste Bagnacavallo, i Tedeschi erano distanti solo alcune miglia, sulla linea di fronte che era a Lugo. Ricordate com’era la vostra routine quotidiana?

John Thurlby- Sentivo che stavamo facendo conoscenza reciproca, c’era il desiderio di stare insieme. La mia routine era davvero una condizione di continua vigilanza, perché non sapevamo cosa poteva succedere e dovevamo essere pronti ad uscire per recuperare qualsiasi carro armato o chiunque avesse dei problemi. Il colonnello decise di tenere la nostra unità di recupero in posizione proprio alla periferia di Bagnacavallo, quando il nostro reggimento era al fronte per supportare la fanteria sul fiume Senio. Andavamo avanti e indietro per fornire assistenza ai mezzi e nel contempo ci addestravamo su un nuovo tipo di carro armato, una brutta sorpresa per i Tedeschi: il lanciafiamme Crocodile e tutto il suo equipaggiamento.

La mia giornata tipo era dedicata all’attività di recupero di veicoli.

Avevamo tre carri armati Churchill, cui era stata tolta la torretta ed erano state installate delle comuni porte. Questi veicoli erano equipaggiati con ogni genere di attrezzatura per il recupero. Eravamo in grado di alzare una gru per cambiare l’ingranaggio principale di trascinamento dei cingoli ed altre cose simili. Avevamo sempre con noi molti pezzi di ricambio: cingoli, carrelli, ruote dentate. Tutte queste parti meccaniche venivano utilizzate quando ce n’era bisogno. Eravamo un’officina mobile.

- Cosa mi dice della sua giornata tipo, Alan?

Alan Corlett Woods- La nostra giornata tipo era sparare, ma preparavamo anche grandi scorte di munizioni per la battaglia finale. Tendenzialmente sparavamo di notte, perché in quel momento gli Alleati avevano completa supremazia aerea. Potevamo spostare qualsiasi cosa di giorno ed era molto improbabile che la Luftwaffe potesse vederci, così avevamo completa libertà. I Tedeschi avevano sulle loro teste 2000 aerei alleati, non tutti insieme naturalmente, ma ogni tanto. I Tedeschi, invece, potevano muovere i loro rinforzi e le munizioni solo di notte, così l’importante era rendere il più difficile possibile queste attività. Per questa ragione sparavamo sulle strade che conducevano a Lugo. Sentivo che la guerra stava per finire e capii che eravamo alle ultime battute quando i Russi arrivarono alla periferia di Berlino; gli Alleati, Americani e Britannici, si erano addentrati da ovest in Germania. La guerra stava per finire e noi tutti avevamo la speranza di sopravvivere ancora un po’ per poterne vedere la fine.

- Certamente voi siete due uomini fortunati, siete sopravvissuti ed avete trascorso la maggior parte della vostra vita in buona salute. C’è qualcosa che vorreste dire ai cittadini dì Bagnacavallo?

Alan Corlett Woods- Una cosa che ho imparato è un grande amore per l’Italia. Per mia fortuna avevo studiato un po’ di italiano quando ero all’università, prima di venire in Italia e ho cercato di mantenerlo vìvo, ma…così vorrei dire “Grazie” e mi piacerebbe tornare ancora a Bagnacavallo. La mia salute non è stata molto buona quest’anno, ma vediamo cosa si può fare nel 2005. Mi piacerebbe molto ritornare.

- E lei, John, vorrebbe dire qualcosa alla gente di Bagnacavallo?

John Thurlby- So che la gente di Stone ha molto in comune con quella di Bagnacavallo. In nessun altro posto in Italia ho trovato una così calorosa accoglienza, gente così premurosa nei pensieri e nelle azioni, così simile alla mia gente.

Quando penso alle generazioni future, spero che tutto questo porti ad una migliore comprensione, specialmente tra i giovani. Se qualcuno volesse ulteriori informazioni sulla mia esperienza, ho scritto un libro di memorie che è nelle mani di tre cittadini di Bagnacavallo. Spero che qualcuno lo traduca in italiano. Chiunque, se lo desidera, potrà dare uno sguardo più approfondito alla mia esperienza.

- In chiusura, ringrazio entrambi per essere venuti qua e per aver condiviso con noi le vostre esperienze. Ancor più importante, lasciatemelo dire, non dimentichiamo i vostri compagni di quel periodo.

Cittadinanza onoraria